FAI FIORIRE LA GIOIA

Come possiamo far fiorire la gioia? Coltivando apprezzamento di sè e gratitudine

APPREZZAMENTO DI SE’ E GRATITUDINE

Qualche volta è più difficile  vedere i nostri lati positivi che quelli negativi. Perfino pensare ai propri tratti positivi mette a disagio quelli che di noi non voglio sembrare presuntuosi. cI SEMBR di essere vanitosi o presuntuosi e questo può generare in noi imbarazzo o disagio.

Ma apprezzare noi stessi è un potente antidoto quando sentiamo insoddisfazione e frustrazione quando proviamo invidia e sottovalutiamo il nostro valore perchè ci permette di vedere chiaramente chi siamo.

Come celebriamo le nostre qualitàa ammirevoli senza cedere nella trappola egoistica?

Nel momento in cui possiamo gioire di quello che c’è di buono in noi riconoscendo che tutte le persone hanno forze e debolezze ci permettiamo di divertirci con la nostra bontà senza richiamare sentimenti di arroganza e superiorità.

Quando le qualità di gentilezza umanità comune e mindfulness vengono applicate alla sofferenza degli altri si manifestano come compassione; quando vengono applicate alla propria sofferenza, si manifestano come self compassion; quando sono dirette alle qualità positive degli altri si manifestano come MUDITA o gioia empatica; quando sono dirette alle proprie qualità positive si manifestano come apprezzamento di sé.

Il senso di umanità comune inerente all’apprezzamento di sé significa che ci apprezziamo non perché siamo migliori degli altri ma perché tutti abbiamo qualcosa di buono.

Apprezzare la bontà altrui ignorando o deprecando la nostra crea una falsa divisione fra noi stessi e gli altri.

In realtà onoriamo ogni singola cosa quando onoriamo noi stessi in quanto espressione della vita universale che anima tutta la nostra esperienza.

L’autostima tende a basarsi sulla separazione e la comparazione, sull’essere migliori degli altri, e di conseguenza speciali. L’apprezzamento di se al contrario si basa sulla connessione, sul vedere la somiglianza con gli altri riconoscendo che tutti hanno punti forti.

Con l’apprezzamento di sé non abbiamo bisogno di buttare giù gli altri per sentirci bene con noi stessi.

Posso apprezzare i miei successi e allo stesso tempo riconoscere i tuoi. Posso rallegrarmi dei tuoi talenti mentre celebro anche i miei.

L’apprezzamento comporta riconoscere la luce in tutti, noi inclusi.

Allora prendi un foglio e una penna e comincia ad elencare le tue qualità, i tuoi talenti, le cose di te che ti rendono la persoma che sei oggi.

LA GRATITUDINE

Non prestiamo mai abbastanza attenzione alle occasioni che riceviamo ogni giorno per rallegrarci. Spesso sono per noi ovvie e non le notiamo nemmeno.

Quando ci permettiamo però di osservare la nostra giornata con gli occhi di un bambino ci accorgiamo di  quante occasioni di sorpresa si presentano ai nostri sensi.

Ogni sorpresa è una sfida ad avere fiducia nella vita. La sorpresa è un seme, la gratitudine germoglia se affrontiamo il richiamo della sorpresa.

La gratitudine incomincia nei sensi, con quella gioia stupefatta che si accende grazie alle esperienze sensoriali.

Ciò che notiamo quando la nostra attenzione cresce è che ci viene donata in mille forme sempre la stessa cosa cioè l’opportunità. L’opportunità di aprire un nuovo modo di osservare l’esperinza che stiamo vivendo, sia essa piacevole, spiacevole o neutra

L’attenzione riconoscente si può esercitare e imparare, alla sera possiamo passare in rassegna la giornata ed essere grati per qualcosa che prima non avevamo notato. e coltivare la gratitudine per coltivare la gioia

COME ALLENARCI ALL’APPREZZAMENTO E ALLA GRATITUDINE E FAR FIORIRE LA GIOIA

  • Celebration list: fai una lista dei meriti, delle cose buone che hai concluso nella giornata
  • Crea un dialogo interno positivo: crea frasi e mantra motivanti
  • Impara a fare complimenti agli altri aprirai il cuore alla gioia compartecipe
  • Dedica tempo di valore a te stesso TU SEI IMPORTANTE
  • Tieni un diario della gratitudine

(liberamente tratto da ” la self compassion” di Kristin Neff e “invito alla gratitudine” di David Steindl-Rast)

Pubblicato in: NEWS

La gentilezza verso sè stessi

La gentilezza verso se stessi ci richiede di capire le nostre debolezze e i nostri fallimenti invece di condannarli.

Ci richiede di vedere chiaramente fino a che punto ci facciamo del male. Questa qualità di gentilezza però non comporta solo di non giudicarci ma anche di confortarci attivamente significa che permettiamo a noi stessi di essere emotivamente commossi dal nostro stesso dolore.

FACCIAMO UN’OFFERTA DI PACE A NOI STESSI.

Quando sviluppiamo l’abitudine alla gentilezza verso sè, la sofferenza diventa una opportunità per sperimentare amore e tenerezza dentro di noi.

Possiamo alleviare e confortare il nostro dolore, così come un bambino viene calmato e confortato dalle braccia della madre.

Chi potrebbe conoscere meglio la vera entità del dolore e della paura che stiamo affrontando, sapere quello di cui abbiamo più bisogno? solo noi.

Il modo in cui possiamo cominciare a prenderci cura di noi per confortarci è fermarci e chiederci

” che cosa sto provando?”

“di che cosa ho bisogno in questo momento?”

Il punto è ascoltare, dare valore ed esprimere i nostri bisogni, per fermare il nostro self-talk critico.

Possiamo provarci almeno qualche volta, proviamo riformulando le frasi della nostra parte critica, le osservazioni che ci fa potremmo dircele in modo più gentile amichevole e positivo.

Pubblicato in: NEWS

Amarsi un pò di più, attraverso la self-compassion

Incontriamo spesso il nostro giudice quando pratichiamo la Mindulness e lo incontriamo spesso anche se non pratichiamo.

Ci tende agguati giornalieri rendendo la critica verso noi stessi o verso gli altri spesso molto severa.

Quando stiamo soffrendo poi diventa spietato, criticandoci duramente per il fatto che non tolleriamo il dolore e che noi soli soffriamo così.

Cosa possiamo fare?

Possiamo attivare un potente antidoto che è la self-compassion.

La self-compassion porta ad avere un atteggiamento di comprensione e di sostegno, lo stesso che potremmo avere con un caro amico che sta passando un momento difficile, un fallimento o che si giudica in modo negativo. Invece di ignorare il dolore con un’alzata di spalle, fermiamoci a dire: “è proprio difficile questo momento! … Come posso prendermi cura di me e darmi un po ‘di conforto in questo momento? “.

Invece di giudicarci e criticarci senza pietà per tutti i nostri errori e per tutti i comportamenti inadeguati, tramite la self-compassion possiamo essere gentili e comprensivi proprio quando siamo messi di fronte ai nostri sbagli e fallimenti- d’altra parte, chi ha mai detto che dobbiamo essere perfetti?

Possiamo motivarci a cambiare e portarci a scegliere abitudini più salutari – quelle che ci fanno stare bene e che ci rendono felici – perché abbiamo a cuore il nostro benessere e non perché ci sentiamo inutili e non desiderabili.

Cosa ancora più importante, provare compassione significa onorare ed accettareil nostro essere umani. Le cose non andranno sempre per il verso giusto, andremo incontro a frustrazioni e a perdite, ci capiterà di sbagliare, sbatteremo contro i nostri limiti e non saremo all’altezza dei nostri ideali. Questa è la condizione umana, una realtà che appartiene a tutti. Quanto più riusciremo ad aprirci a questa realtà senza combatterla in continuazione, tanto più saremo in grado di provare compassione per noi stessi e per tutti gli esseri umani.

“Attraverso la self-compassion, portiamo a noi stessi quella gentilezza e quella cura che potremmo offrire a un caro amico”

Sull’accettazione

A mano a mano che il lavoro interiore di una persona si consolida, la dimensione dell’accettazione diventa più evidente.

E ‘però importante non cadere in fraintendimenti grossolani circa la parola accettazione.

Corrado Pensa nel suo libro “la tranquilla passione” ci illustra l’accettazione è restare aperti e morbidi alle cose che ci accadono, senza indurirci, in modo da rispondere ad una situazione invece di reagire.

Questa manovra di apertura interiore sembra semplice, ma non lo è affatto, implica molto tempo di tirocinio passato nella pratica di consapevolezza. Quando la nostra pratica ci porterà a comprendere che la sofferenza e il disagio che proviamo nella nostra giornata è spesso legato più alla difficoltà di accettare quello che ci accade che alla situazione in sè, comprenderemo che la rigidità e il rifiuto non ci liberi. Ci imprigionano nei nostri abituali modi di reazione.

Un maestro di meditazione, Arnaud Desjardins, descrive l’accettazione come “essere d’accordo con ciò che succede”, è aderire completamente alla realtà così come si prospetta davanti ai nostri sensi.

Grande lavoro quello dell’accettazione, potrebbe richiedere tutta la vita, è un viaggio che ci porta a vedere la nostra non accettazione, e il disagio che questo ci provoca.

Il primo passo quindi è vedere ogni volta che ci chiudiamo, guardare con gli occhi della curiosità e senza giudizio alla nostra non accettazione. Se continuiamo ad osservarci con questi occhi piano piano sorgerà una fiducia e comprenderemo che la strada per arrivare all’accettazione passa proprio attraverso, come dice Pensa, un puntuale e sollecito contemplare la non-accettazione.

Così la frase che potremmo dire essere cruciale non è “sforzati di accettare” ma bensì sforzati di guardare meglio che puoi la tua non-accettazione “.

Così io mi siedo sul cuscino di meditazione e molto spesso osservo le resistenze della mia mente irrequieta che, con fatica resta sul momento presente e non posso far altro che restare con l’irrequietezza a dirmi, osservandola, che fatica la non-accettazione.

buona pratica di consapevolezza.

per approfondimenti vi consiglio il libro di Corrado Pensa “la tranquilla passione” edito da Ubaldini Editore.

Pubblicato in: NEWS

Zero aspettative

 

Genitori consapevoli vuol dire essere coscienti di chi è nostro figlio. Non il figlio ideale o idealizzato, ma il figlio reale che è davanti a noi. Le aspettative non coscienti che nutriamo per i nostri figli possono distorcere il modo in cui vediamo la realtà e influenzare le nostre scelte di genitori e il nostro agire. Alcune di queste aspettative possono essere molto limitanti e causare grande sofferenza a noi e ai nostri figli.

Se impariamo a portare la nostra consapevolezza alle aspettative, ai giudizi e alle emozioni sottese, potremo agire verso i nostri figli richieste consone al loro essere.

Loro si sentiranno “visti” nella loro unicità e sostenuti nelle loro esplorazioni del e nel mondo.

“se volete che I vostri figli siano generosi, allora dovete prima permettere loro di essere egoisti. Se li volete disciplinati, dovete prima permettere loro di essere spontanei. Se li volete grandi lavoratori dovete prima permettere loro di essere pigri.

È una sottile differenza, difficile da spiegare a coloro che vi criticano. Una qualità non può essere appresa appieno senza capirne l’opposto. ” (the Parent’s Tao Te Ching)

Pubblicato in: NEWS

Il Mandala e il non attaccamento

Ieri mi sono imbattuta per mia fortuna in una festa dove due monaci tibetani costruivano un mandala. Un mandala stupendi costruito con attenzione pazienza e cura e poi…. Pazientemente distrutto con una cerimonia dedicata alla distruzione.  Da brava occidentale attaccata al bello, ho  subito scattato una foto. Volevo fermare il momento, lasciare il ricordo di quello che i miei occhi avevano visto. Quello che ho fatto però è stato proprio quello che la cerimonia della distruzione del mandala cerca di  evitare “l’attaccamento”.  Il mandala è, nel contesto della cultura buddista, qualcosa di più di una potente metafora dell’impermanenza di tutte le cose. Esso è, prima di tutto, una pratica, un esercizio spirituale attraverso il quale il monaco impara a guardare la realtà per quello che essa è in realtà: un fenomeno passeggero, impalpabile e non racchiudibile all’interno di una forma data una volta per tutte. Quello che colpisce della pratica del mandala non è tanto il tempo che si impiega per la realizzazione dell’opera (spesso anni), quanto, piuttosto, il fatto che una volta che questa è ultimata il monaco, con un gesto perentorio della mano, lo distrugge.  E’ vero,  che il mandala viene cancellato, ma questa cancellazione è piuttosto il risultato di un atto creativo che non di un atto di distruzione. Con il suo gesto, infatti, il monaco si rende consapevole della fugacità di tutte le cose e di se stesso. Tanto più grande sarà stata la pazienza e l’amore profusi nella creazione del mandala, tanto più forte sarà il gesto, tanto più significato il lascito nella vita spirituale del monaco che l’ha compiuto e, in conseguenza, a tutto il mondo di cui il monaco fa parte. 
La distruzione del mandala è, allora, un atto costruttivo, la creazione artistica viene, sì, cancellata, ma ciò porta ad una produzione di senso per il monaco che lo compie. Allora vorrei riuscire a godere dell’impermanenza delle cose, delle situazioni e relazioni e vivere la pienezza dell’istante mentre accade. Qui ed ora

 

 

 

 

 

 

Pubblicato in: NEWS

Depressione, sintomi e trattamento

Quando parliamo di depressione è bene approfondire l’argomento.

 I sintomi che devono essere presenti per porre diagnosi Disturbo Depressivo Maggiore sono riportati di seguito.

Almeno uno dei due criteri tra:

  • Umore depresso per la maggior parte del giorno, quasi tutti i giorni (la persona si sente triste, vuota, disperata, oppure tende al pianto e alla lamentazione)
  • Marcata diminuzione di interesse o piacere per tutte o quasi tutte le attività che prima interessavano e davano piacere. Molto frequentemente si presentano l’anedonia (stanchezza, affaticamento, mancanza di energie) e la demotivazione.

Almeno tre dei seguenti criteri:

  • Aumento o una diminuzione significative dell’appetito e quindi del peso corporeo senza essere a dieta
  • Insonnia o ipersonnia quasi tutti i giorni
  • Rallentamento o agitazione psicomotori
  • Disturbi del sonno (dorme di più o di meno o si sveglia spesso durante la notte o non riesce ad addormentarsi o si sveglia precocemente)
  • Faticabilità o mancanza di energia
  • Ridotta capacità di pensare o di concentrarsi, mantenere l’attenzione e prendere decisioni
  • Pensieri ricorrenti di morte o di suicidio, che possono andare da un vago senso di morte e desiderio di morire fino all’intenzione di farla finita con una vera e propria pianificazione e tentativi di suicidio.

Il sintomo soggettivo prevalente è la sensazione di essere inutile, negativo o continuamente colpevole che può arrivare all’odio verso di sé

La caratteristica principale dei sintomi depressivi è la pervasività: sono presenti tutti i giorni per quasi tutto il giorno per almeno 15 giorni, causando un disagio clinico significativo e compromettono il normale funzionamento sociale, lavorativo o in altre aree importanti per la persona.

 

Come si manifesta?

Chi ne soffre ha un umore depresso per la maggior parte del giorno per più giorni di seguito e non riesce più a provare interesse e piacere nelle attività che prima lo interessavano e lo facevano stare bene.

Si sente giù e/o irritabile, stanco, ha pensieri negativi, e spesso sente la vita come dolorosa e senza senso (“dolore del vivere”), senza speranza, senza poteri né risorse, completamente impotenti.

Mancano le energie per fare qualsiasi attività, fisica e mentale e niente sembra più interessare né in grado di dare piacere.

Si guarda la propria vita e tutto appare un fallimento, un susseguirsi di perdite di cui spesso ci si sente colpevoli.

Oppure si è convinti che la colpa sia degli altri, della vita, della sfortuna e ci si sente arrabbiati con tutto e tutti e si arriva a farsi terra bruciata intorno.

L’isolamento è cercato e sofferto, e appare inevitabile.

E’ raro che una persona depressa abbia contemporaneamente tutti i sintomi riportati sopra, ma se soffre quotidianamente dei primi due sintomi su descritti e di almeno altri tretra quelli indicati nella sezione “sintomi” è molto probabile che abbia un disturbo depressivo.

Spesso la depressione si associa ad altri disturbi, sia psicologici (frequentemente di ansia) sia medici.

In questi casi la persona si deprime per il fatto di avere un disturbo psicologico o medico.

25 persone su 100 che soffrono di un disturbo organico, come il diabete, la cardiopatia, l’HIV, l’invalidità corporea fino ad arrivare ai casi di malattie terminali, si ammalano anche di depressione.

Purtroppo la depressione può portare ad un aggravamento ulteriore, dato che quando si è depressi si ha difficoltà a collaborare nella cura, perché ci si sente affaticati, sfiduciati, impotenti e si ha una scarsa fiducia di migliorare.

Inoltre, la depressione può complicare la cura anche per le conseguenze negative che può avere sul sistema immunitario e sulla qualità di vita già compromessa dalla malattia medica.

La depressione è un disturbo spesso ricorrente e cronico.

Chi si ammala di depressione può facilmente soffrirne più volte nell’arco della vita. Mentre nei primi episodi l’evento scatenante è facilmente individuabile in un evento esterno che la persona valuta e sente come perdita importante e inaccettabile, nelle ricadute successive gli eventi scatenanti sono difficilmente individuabili perché spesso si tratta di eventi “interni” all’individuo come un normale abbassamento dell’umore, che per chi è stato depresso già diverse volte è preoccupante e segnale di ricaduta.

Il disturbo depressivo può portare a gravi compromissioni nella vita di chi ne soffre. Non si riesce più a lavorare o a studiare, a iniziare e mantenere relazioni sociali e affettive, a provare piacere e interesse nelle attività. 15 persone su 100 che soffrono di depressione clinica grave muoiono per suicidio. Più giovane è la persona colpita, più le compromissioni saranno gravide di conseguenze. Per esempio un adolescente depresso non riesce a studiare e ad avere relazioni, e quindi non riesce a costruire i mattoni su cui costruire il proprio futuro.

Trattamento

La depressione va diagnosticata e trattata attraverso due approcci complementari, che permettono al paziente di uscire dalla fase cronica e di mantenere per un periodo sufficientemente lungo un periodo di stabilità.

L’approccio farmacologico deciso attraverso un consulto psichiatrico.

Il trattamento psicoterapico, decisivo per elaborare le cause e ricostruire un senso di sè efficace.

negli ultimi anni è risultata estremamente efficace anche la mindfulness con un protocollo specificatamente proposto per ridurre le ricadute depressive.

Mindfulness-Based Cognitive Therapy (MBCT)

Gli studi fatti da Zindel Segal (Toronto), Mark Williams (Galles) e John Teasdale (Cambridge) hanno dato vita al programma Mindfulness-Based Cognitive Therapy (MBCT).
Questo protocollo, che è una rielaborazione del lavoro di Jon Kabat-Zinn sul programma di riduzione dello stress (Mindfulness-Based Stress Reduction MBSR) già sperimentato su più di 24000 pazienti negli ultimi 20 anni all’University of Massacchusetts, ha indagato come la meditazione possa aiutare le persone a stare meglio dopo essere state trattate con successo per depressione. Il lavoro di Segal, Williams e Teasdale si è basato sull’osservazione che, una volta che un paziente si è ripreso da un episodio depressivo, una quantità relativamente piccola di umore negativo, che può presentarsi, come abbiamo detto, per qualsiasi motivo, può scatenare nuovamente una grande quantità di pensieri negativi classici della depressione che portano con sé sensazioni fisiche di debolezza, stanchezza o dolore inspiegabile.

•    “sono un fallimento”
•    “sono debole”
•    “sono senza valore”
•    “sono senza speranza”

Sia i pensieri negativi che la stanchezza spesso sembrano, agli occhi degli altri, sproporzionati rispetto alla situazione.
I pazienti che credono di essere guariti possono sentirsi di nuovo al punto di partenza.
Si trovano in un loop ruminativo che li porta continuamente a chiedersi “cosa è andato male?”, “perché sta succedendo a me?”, “dove mi porterà tutto questo?”.
Tale ruminazione induce le persone a cercare quasi ossessivamente una risposta, ma in realtà causa solo un prolungamento e un peggioramento della depressione.
Il protocollo Mindfulness-Based Cognitive Therapy (MBCT) è designato ad aiutare coloro che soffrono di periodi di depressione e infelicità cronica attraverso uno strumento che permetta di affrontare tutto questo quando si ripresenta.
L’evidenza di efficacia dell’MBCT è così robusta che il National Institute for Clinical and Health Excellence (NICE) anglosassone la consiglia a tutti coloro che hanno avuto due o più episodi depressivi.
In particolare:

  • L’MBCT è più efficace delle dosi di mantenimento di antidepressivi nel prevenire una ricaduta nella depressione
  • Tre quarti di coloro che hanno frequentato un corso MBCT e hanno assunto antidepressivi sono stati in grado di sospendere i farmaci entro 15 mesi
  • L’MBCT può anche ridurre la gravità dei sintomi nei soggetti che stanno vivendo un episodio depressivo
  • L’MBCT sembrerebbe ridurre i punteggi al BDI (Beck Depression Inventory) in soggetti con depressione farmaco resistente

 

Pubblicato in: NEWS

Cosa mi devo aspettare da una psicoterapia?

La psicoterapia è un viaggio che a volte può essere molto faticoso e doloroso , ma che lascia il senso di essersi occupati di sè in modo costruttivo. Spesso però le aspettative per questo percorso non corrispondono alla realtà.

Ecco un elenco di quello che è bene aspettarsi dalla psicoterapia e che cosa non aspettarsi, in modo che il percorso che si intraprende sia un percorso di crescita e di cambiamento che porta buoni frutti.

Posso aspettarmi che:

  • Io sia ascoltato senza preconcetti.
  • Io non sia catalogato e classificato in categorie patologiche.
  • Ci siano dei cambiamenti in me e nella mia vita e possa provare paura di questo.
  • Io possa crescere.
  • Io sappia meglio gestire i miei sintomi e che questi diminuiscano e scompaiano.
  • Aumenti la mia consapevolezza ed io mi conosca meglio.
  • Aumenti la mia autostima.
  • Io possa decidere di fermarmi.
  • Lo psicoterapeuta sia preparato ad affrontare la mia particolare condizione e, se non lo è, mi indichi qualcuno che lo potrebbe essere.
  • Io trovi un sostegno in qualcuno che mi dia i mezzi per poter, in futuro
    , fare a meno di lui.
  • Sia mantenuta la mia privacy.
  • L’ambiente in cui vengo accolto sia confortevole e protetto dalle intrusioni esterne.
  • Io possa provare ed esprimere sia i sentimenti e le emozioni positive sia quelle negative, comprese quelle verso lo psicoterapeuta.
  • Sia rispettata l’etica deontologica.
  • Lo psicoterapeuta non dia giudizi morali.

Non posso aspettarmi che:

  • Lo psicoterapeuta prenda le decisioni al posto mio e mi dica cosa fare.
  • L’aiuto sia dato in tempi ristretti e prestabiliti.
  • Io possa chiedere aiuto per conto terzi che non vogliono es
  • sere aiutati (mio padre, mia madre, mio fratello, mia moglie ecc.).
  • Il sintomo sia senza significato e che l’unica cosa da fare sia sopprimerlo.
  • Ci sia una risposta prestabilita per ogni sintomo.
  • Lo psicoterapeuta sia onnipotente ed onnisciente, non gli è concesso sbagliare o non sapere.
    Legge nella mente. Deve essere sempre comprensivo. Ha la sfera di cristallo e la bacchetta magica.
  • Posso non parlare, non riflettere, non pensare, è l’altro che lo deve fare al posto mio.
    Lo pago per questo!
  • Lo psicoterapeuta sia l’amico che ho perso, il padre che non ho avuto, l’amante che vorrei, e che per questo ci sia un rapporto fuori dalla terapia.
  • La psicoterapia sia una chiacchierata e non un impegno serio.

Pubblicato in: NEWS

Prenditi cura di te – Genitori Consapevoli

 

Come fare quando nostro figlio diventa adolescente?
Stabilire un buon legame corpo mente è un buono strumento per affrontare una fase tanto delicata e caotica come quella adolescenziale dei nostri figli.
Essere consapevoli di quello che accade nel corpo, nelle emozioni e nel cuore è un modo di fare pausa, senza inserire il pilota automatico, che creerebbe grandi conflitti. 
Prendersi cura di noi è un modo per insegnare ai nostri figli a fare altrettanto. Ne beneficeranno per tutta la vita.
Partire dal corpo ci ancora al presente, perché il corpo come il respiro è sempre presente, diamo con coraggio e fiducia attenzione alle nostre sensazioni corporea, scopriremo un vasto orizzonte di possibilità.

Pubblicato in: NEWS

Genitori Consapevoli

Perché mio figlio non mi ascolta?
Quante volte ci siamo fatti questa domanda.
Proviamo a cambiare prospettiva
Noi siamo in ascolto quando loro comunicano con noi? 
leggiamo questa bella poesia di Leo Buscaglia
Ci darà un bello spunto di riflessione:

“Quando ti chiedo di ascoltarmi e tu cominci a darmi consigli, non fai ciò che ti chiedo. Quando ti chiedo di ascoltarmi e tu cominci a dirmi perchè non dovrei sentirmi in quel modo; calpesti le mie sensazioni.
Quando ti chiedo di ascoltarmi e tu pensi di dover fare qualcosa per risolvere i miei problemi, mi deludi.
E se desideri parlare, aspetta qualche istante il tuo turno e ti prometto che ascolterò. (L.Buscaglia, La coppia amorosa, Mondadori )

Pubblicato in: NEWS